Ho frequentato un corso di aggiormanento sulla didattica della Shoah: mi interessava comprendere se è possibile ”insegnare” che cosa è stato, se è possibile farlo nel rispetto delle sensibilità dei bambini e dei ragazzi. Ciò che ho compreso è che no, non è possibile trasmettere l’orrore di ciò che è stato ai bambini: c’ è un’età da attendere, ed è quella del pensiero astratto, che si forma a partire dai 12-13 anni, il cosiddetto ”periodo operatorio formale” di Piaget. Nella scuola secondaria di secondo grado è invece auspicabile parlarne in modo approfondito, a lungo, con metodi innovativi e non con la sola lezione frontale. Ma tutte le iniziative per ”insegnare” ciò che è stato ai bambini della primaria o addirittura più piccoli, sono forzature, pressioni, inutili atteggiamenti proiettivi degli adulti. Il bambino non può capire, ma solo soffrirne: del resto, anche per gli adulti l’Olocausto resta un evento ancora da elaborare, le cui cause sono state analizzate da moltissimi autori, eppure è un evento che non si lascia afferrare in tutta la sua mostruosità. Credo quindi che non sia utile, ma addirittura dannoso, per i bambini confrontarsi con un tema così terribile, prima di avere maturato la sufficiente consapevolezza emotiva. Entriamo in punta di piedi nel mondo dell’infanzia con il dovuto rispetto, lasciando i sensi di colpa e il narcisismo fuori dalla porta.