Nella ricerca accademica ci sono studiosi più o meno dichiaratamente “anti”: “antifreudiani”, “antimarxisti”, “antinietzschiani”. Alcuni forse non si dichiarano “anti”, semplicemente nei loro libri o saggi non vengono mai menzionati certi autori. “Certi” autori fondamentali per la storia culturale: la critica non sta bene, molto meglio ignorare. Peccato che il pensiero sia critico, almeno per essere pensato: che senso possa avere fingere che alcuni filosofi o pensatori non esistano, che valore possano avere le produzioni di studiosi che neppure nominano autori che hanno segnato la storia di secoli, di nazioni, di continenti… sono domande che restano aperte. Per quanto riguarda, ad esempio, gli “antifreudiani”, mi interrogo su come si possa essere “anti” rispetto alla scoperta dell’inconscio: forse negandolo? Come si possa essere “anti” di fronte alla scoperta del mondo infantile come un mondo ignoto, sofferto, strutturalmente fondamentale per l’adulto, lo ignoro. Forse fingendo che il mondo dei bambini è un mondo di esseri “altri”, di piccole creature che attendono solo di diventare “buone” come gli adulti? Forse pensando alla nostra realtà, fatta di guerre, pandemie, conflitti, sofferenze, come la sola realtà possibile a cui gli adulti, e in primis in bambini devono adattarsi? Forse. Forse è così comodo pensare che un pensiero critico non esista, che alcuni arrivano a violentare il proprio sentire, il proprio pensiero, per continuare a vivere nella violenza dogmatica degli “anti”.